Il tumore al seno è il tumore femminile più frequente nei paesi industrializzati. I tassi di incidenza in Europa oscillano dal 40, 6 per 100.000 abitanti in Grecia all’81 per 100.000 in Olanda (tassi standardizzati sulla popolazione mondiale), con una tendenza all’aumento negli ultimi 20 anni. Tale aumento è dovuto, in parte, alla diagnosi precoce, alla maggiore diffusione dei programmi di prevenzione secondaria, compresi i programmi di screening, mentre in parte è reale e dovuto all’aumento della sopravvivenza della popolazione generale. In Italia nel solo 2019 ci sono stati 53000 nuovi casi di tumore al seno femminile e circa 900 casi di tumore al seno maschile. La frequenza per età del cancro della mammella mostra un aumento progressivo fino a 50 anni, ovvero in coincidenza con l’età corrispondente alla menopausa; dai 60 ai 65 anni si osserva un rallentamento, mentre dopo i 65 anni l’incidenza aumenta nuovamente con l’aumentare dell’età. Il tumore al seno controlaterale si manifesta nel 4 – 17% circa delle pazienti a distanza dal primo intervento (metacrono); mentre molto rare sono invece le forme sincrone (significa avere un tumore al seno in entrambi i seni nello stesso momento).
Le più frequenti tipologie di tumore al seno (istotipi) sono il carcinoma duttale e quello lobulare.
I due termini sono stati introdotti alcuni decenni fa, ritenendo che la prima forma derivasse dai dotti principali e la seconda dai lobuli. In realtà, la maggior parte dei carcinomi insorge nelle unità terminali duttolobulari (UTDL) e successivamente, per meccanismi ancora non ben noti, dà luogo a tumori diversi, non solo per la loro morfologia, ma anche per il loro comportamento biologico. Per entrambi i tipi di tumore al seno si riconoscono una forma in situ ed una forma infiltrante. Il tipo duttale (in forma pura o mista) rappresenta circa il 75% dei tumori infiltranti, mentre il lobulare circa il 5%. La tipologia di tumore al seno infiltranti meno frequenti sono il carcinoma midollare (15%), il colloide o mucinoso (2%), il tubulare (1-2%), ai quali si aggiungono numerose altre forme rare. A volte le cellule di un carcinoma in situ dei dotti principali, ma anche insorto nelle UTDL, possono migrare fino a raggiungere l’epidermide del capezzolo o anche dell’areola, causando una flogosi della cute, spesso simile ad un eczema. Questo quadro è noto come Malattia di Pageted il suo riconoscimento clinico è di particolare importanza, in quanto con il tempo continua il ciclo di degenrazione cellulare diventando un tumore della mammella invasivo.
Il tumore al seno invasivo in assoluto più frequente è il carcinoma duttale, caratterizzato da un’abbondante quantità di stroma fibroso o scleroialino, che gli conferisce una consistenza molto dura, da cui prende anche il nome di carcinoma scirroso (cioè duro).
La popolazione di cellule neoplastiche si dispongono in isolotti solidi, in cordoni grossolani, in strutture tubulari. Spesso si usa aggiungere al termine di carcinoma duttale infiltrante (o invasivo) le parole “non altrimenti specificato” (NAS, o NOS secondo la terminologia inglese), che distinguono questa tipologia di tumore al seno da quelli più rari ed a prognosi più favorevole quali il midollare ed il mucinoso. Il carcinoma lobulare infiltrante (o invasivo) è caratterizzato dal fatto che le cellule invadono lo stroma in filiere sottili, unicellulari (a fila indiana), spesso disponendosi concentricamente intorno alle strutture duttali o lobulari. Questo tumore più spesso del precedente è multifocale e bilaterale. La metà dei casi di carcinoma insorge nel quadrante superiore esterno (QSE) della mammella, il 20% nell’area centrale o subareolare, il 10% in ciascuno dei rimanenti tre quadranti (45). La maggiore incidenza nel QSE è verosimilmente legata al fatto che in questa zona è presente la maggior parte dell’albero ghiandolare. Nella sua crescita invasiva un carcinoma di qualsiasi tipo può infiltrare la cute sovrastante e retrarla (nel caso è il capezzolo a essere retratto) o può infiltrare la parete toracica e quindi rimanere fisso durante la palpazione. In seguito a una diffusa infiltrazione neoplastica dei vasi linfatici può verificarsi un linfedema della cute della mammella, che diventa ispessita e dura, e assume un aspetto finemente granulare, detto a “buccia d’arancia”, per la dilatazione degli orifizi di sbocco delle ghiandole annessiali; la linfangiosi, se molto diffusa, può causare un’intensa reazione infiammatoria dell’intera mammella, che diventa arrossata, tumefatta, dolente e dolorabile, dando luogo al cosiddetto carcinoma infiammatorio. Sia i carcinomi infiltranti sia quelli in situ possono contenere delle microcalcificazioni, piccole, numerose e riunite in gruppi, che sono di grande utilità per la diagnosi mammografica di neoplasia maligna. I carcinomi invasivi della mammella si diffondono inizialmente per via linfatica, dando metastasi in primo luogo ai linfonodi ascellari e mammari interni, con frequenza diversa secondo la zona della mammella in cui sono insorti. La stadiazione del carcinoma della mammella è rilevante nella programmazione della strategia terapeutica.
Per la corretta caratterizzazione di T (tumore) e di N (linfonodi ascellari), l’esame clinico e radiologico (mammografico, ecografico ed in risonanza magnetica della mammella ) (cTNM) ed in particolare l’esame istopatologico (pTNM) costituiscono punti certi ed insostituibili di riferimento.
Il tumore al seno maschile è un argomento di grande interesse da quando alcuni personaggi noti del mondo dello spettacolo hanno raccontato la loro vicenda accendendo un riflettore su un problema raro nell’incidenza ma molto serio per chi ne viene colpito. Leggete direttamente il mio articolo specifico sul tumore al seno nell’uomo così da poter approfondire il tema.
Tanti di voi mi chiedono come si fa a prevenire il tumore al seno. È una domanda giustissima, come sempre in medicina è meglio prevenire che curare e soprattutto in senologia la diagnosi precoce è l’arma più potente che abbiamo per sconfiggere il tumore al seno.
Con il termine “prevenzione” in ambito senologico si indica la capacità di individuare nelle persone apparentemente sane e quindi senza evidenti sintomi clinici, una malattia nella sua fase iniziale. Quindi fare prevenzione vuol dire fare diagnosi precocemente, cioè scoprire il tumore al seno in una fase talmente iniziale che si possa guarire senza se e senza ma.
Quando si deve iniziare a fare prevenzione? Consiglio una prima visita senologica a partire dai 25 anni se non si ha alto rischio familiare né una patologia nota della mammella. Quando ci sono uno o più casi in famiglia di tumore al seno o alle ovaie consiglio sempre di iniziare a fare prevenzione a partire dai 18 anni.